Arti-Ficio 23/10/2013
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INTRODUZIONE
ad Arti-ficio (23/10/2013)
Come tutti gli artisti invitati qui questa sera sanno, con la sola eccezione di Francesco Del Casino, durante la Festa dell'Unità sono stato ospitato in uno stand che aveva il titolo de “La bottega di filosofia” nel quale ho cercato di sviluppare, nel tempo che è durata la festa (tre settimane), delle attività culturali e letterarie. In quel contesto avevo invitato alcuni artisti (pittori) a passare una serata in conversazione portando una loro opera. Alcuni, come Fabio Canestri e Rita Petti, l'hanno fatto, altri, come Daniele Sasson e Alvalenti, non hanno potuto farlo perché occupati fuori Siena e comunque presi da altre attività. Allo stand è passato in conversazione anche Cesare Baglioni.
Lo scopo di quelle serate e di questa è quello di metterci in contatto; un contatto, però, artistico, che coinvolge le opere. E questo è il primo motivo per cui ho chiesto agli artisti di “parlare” delle loro opere.
Nonostante la mia presenza alla Festa dell'Unità di quest'estate, non credo ancora di essere politicamente sospetto. È di dominio pubblico che sono stato candidato – e tuttora milito – in un altro partito, diverso dal PD. E naturalmente il PD lo sa. Ciononostante mi ha consentito la presenza e l'azione alla “bottega di filosofia” (in cui l'attività principale erano i miei ritratti in versi). Quindi non penso di essere politicamente sospetto di voler “normalizzare”, “controllare” o “influenzare” il lavoro artistico a fini propagandistici o comunque non legati all'arte. Ed è per l'arte, e non per la politica, che vorrei parlare delle opere. E questo è il secondo motivo per cui ho chiesto agli artisti di “parlare” delle loro opere.
Il terzo motivo è un ipotesi sociale. Ed è questa: io non credo affatto che la crisi che stiamo vivendo, in questa città e in tutto il paese, sia una crisi economica – almeno, non nel senso tradizionale di “economia”. Penso, piuttosto, che sia una crisi principalmente “culturale”, cioè etica, morale ma, soprattutto, estetica. Non la faccio lunga, dico solo che i valori sociali riguardano la ricchezza economica (e questo è il motivo per cui la crisi “sembra” economica) per cui il ricco è bravo, buono e... “bello”. Ora, il concetto di “bello” riguarda senz'altro l'arte. Per questo motivo reputo che, per migliorare la società in cui viviamo e bypassare la crisi economica, serva soprattutto un lavoro... “estetico”. È per iniziare a promuovere un ragionamento sull'estetica che ho chiesto agli artisti di “parlare” e non solo “mostrare” la loro opera. E questo è il terzo motivo.
Il quarto motivo è la critica. Vi sono tre tipi di persone interessate alla riflessione sulle opere d'arte: gli accademici, preoccupati di imporsi all'attenzione dei colleghi e di istruire i propri allievi, gli artisti, che meditato sulla propria arte, ed i fruitori delle opere. I primi due tipi di critici sono quelli che possiamo definire “professionali” - per quanto in materie umanistiche la discussione su quale sia il limite fra “professionale” e “dilettantesco” sia del tutto aperto. Delle prime due categorie di critici, qui, oggi, siamo interessati alla seconda. E questo è il quarto motivo per cui ho chiesto agli artisti di “parlare” delle loro opere.
Infine, il titolo stesso di questo incontro e l'immagine che ho usato come sfondo del volantino pubblicitario. Fin da quando è iniziata la riflessione sull'opera d'arte (Aristotele e anche prima), essa è stata interpretata come “mimesi”, cioè “imitazione della natura”. L'opera d'arte non esiste in natura ma è totalmente frutto del lavoro e dell'ingegno umano. In questo senso è un... “artificio”. Però, il titolo “Arti-ficio” allude anche alla necessità di un... “edificio” dove si faccia “arte”. (Questo “edificio” a Siena ce l'abbiamo ed è il Santa Maria della Scala.) Sullo sfondo del volantino c'è, infatti, un edificio: è la “macchina per i fuochi d'artificio” commissionata da Giorgio Secondo d'Inghilterra per festeggiare la firma del trattato di Aquisgrana il 18 ottobre 1748. La “macchina per i fuochi d'artificio” era lunga 124 metri e alta 34, fu costruita dallo scenografo italiano Giovanni Niccolò Servadoni, completata nell'aprile del 1749. Per l'inaugurazione di questa opera architettonica, prevista per il 27 aprile 1749, Georg Friederich Handel compose la Royal Fireworks Music. La costruzione era allocata al Green Park di Londra. La pioggia caduta nei giorni precedenti l'inaugurazione, lo spettacolo pirotecnico ed il concerto creò gravi problemi: alcuni fuochi d'artificio non si accesero a dovere, creando così un furioso incendio che fece crollare la struttura e causò la morte di tre persone. Per fortuna, pochi giorni prima – il 21 aprile – si era tenuta la prova generale del concerto alla quale avevano assistito dodicimila londinesi creando non pochi problemi di ordine pubblico.
Questa immagine sta a segnalare tutto l'effimero ma anche tutto il senso, anche sociale, dell'arte.
Intervento di Alvalenti
Grazie Simone. Beh!, che dire! Io ho portato l'opera più conosciuta qui a Siena, “La Città Magica”. E' un'opera realizzata con pastello e acquarello e rappresenta un po' tutta la conoscenza, la tradizione di Siena e delle contrade. E' nata da un'esigenza che era sorta. Siccome io viaggio spesso (ho fatto e faccio ancora l'artista di strada), quando mi trovavo fuori a parlare di Siena avevo delle difficoltà a raccontare a parole cosa è la città di Siena, il palio. Lo sapete com'è: “e ma questi cavalli”, “eh ma così è tutta una finzione” etc. E così pensai di creare un'opera che potesse essere utile per accompagnare con le figure quello che uno può raccontare. Infatti quest'opera è anche nozionistica perché c'è l'esposizione da nord a sud di tutti i territori delle contrade che si identificano con le bandiere, con gli abitanti che sono poi i simboli delle contrade e in più ci sono le rivalità in evidenza; infatti ai bordi, ai confini fra una contrada e l'altra si vedono due simboli che litigano, che stanno in qualche modo contestandosi. In più ci sono gli antichi mestieri.
Allo stadio, c'è un rastrellino perché si chiamava “rastrello” prima, tutte e diciassette le contrade sono in bianco e nero come la maglietta della squadra di calcio del Siena. Ecco, in questo modo, con quest'opera ho creduto, allora e anche oggi, di fare una cosa per illustrare ai turisti che si fermano alla mia bottega in Beccheria per illustrare come è fatta la nostra città. E questa è la mia opera.
Poi io mi sono evoluto e ora sto facendo anche degli astratti umoristici e quello che ho portato oggi è un'altra rappresentazione della mia arte che non è proprio soltanto l'opera in sé ma l'opera nel momento creativo.
(Gira il pannello mostrando una tela bianca.)
Ecco, questa è la famosissima “tela bianca” che tutti gli artisti conoscono all'inizio della loro azione. Voglio dire che l'opera d'arte è arte nel momento in cui viene fatta, quasi una spettacolarizzazione. Perché ho notato, facendo l'artista di strada, che il pubblico è attratto anche dal momento in cui l'artista crea. Io sono un umorista più che un pittore e quindi faccio disegni umoristici che nascono da una interazione anche con gli altri. Da questa interazione io sono il primo che si stupisce e quindi credo di stupire anche gli altri. Mi piace citare la frase che dice appunto “la dignità dell'artista sta nel suo dovere di tenere vivo il senso di meraviglia dell'umanità.
Allora per fare questo vorrei invitare uno di voi, due, tre, quattro di voi a fare sulla tela un segno senza senso.
Allora, in base a queste linee, quello che mi piace e mi stupisce per primo, è il fatto di vedere qualcosa come se questi tratti facessero parte di un disegno che non è finito e sta lì, aspettando di essere finito. Ognuno potrebbe finirlo in un modo diverso.
(Esegue il disegno umoristico con la colonna sonora di Giovanni Allevi, “Mandela” dall'album “Sunrise”.)
Questa è fondamentalmente la mia arte, quella di creare un istante, filù. È un'arte “filù”.
Certo, bisogna muoversi: a Siena, in qualche modo, io sono riuscito a fare qualcosa però mi rendo conto che bisogna muoversi. Francesco Del Casino lo sa: di lui, a Orgosolo, ho visto cose meravigliose. Io rimango fondamentalmente un girovago con base a Siena.
Intervento di Cesare Baglioni
Non so da che cosa partire ma intanto vorrei parlare delle due opere che ho portato. Le due opere sono collegate da un nesso ed è la tematica legata agli avvenimenti, purtroppo, di cui l'Italia è, in qualche modo, in questo momento abbastanza interessata.
Soprattutto questo è un dipinto del 2010. Già allora c'era il problema degli immigrati clandestini che venivano dall'Africa. Il fenomeno si è ulteriormente aggravato. È un collage di vari momenti vissuti da queste povere persone. C'è il momento della traversata della barca. Il momento dell'attracco ad una nave di soccorso e poi le persone che si rifocillano e si asciugano dall'acqua.
Questo invece è una cosa che ho fatto quest'anno in primavera che è dedicato alle vittime della mafia. Ho riutilizzato un'immagine fotografica collocandola su delle scritte che ricordano tutti coloro che hanno dedicato la loro vita per migliorare la vita del meridione e purtroppo quasi tutti sono rimasti vittima della mafia.
C'è un nesso d'impegno civile dell'opera pittorica in queste due lavori. Ho più volte affrontato le problematiche legate agli avvenimenti contemporanei. C'è stata tutta la serie di dipinti che feci dopo essere stato ai funerali di Enrico Berlinguer. Alcuni furono esposti al festival dell'unità nel 2003. Poi c'è stato tutto il periodo che ho fatto dei dipinti ispirati dalla guerra in Iraq, cioè dopo aver visto le condizioni in cui venivano tenuti i carcerati afghani in quel famoso carcere dove vi erano questi aguzzini. L'evento aveva ispirato anche lo stesso Botero che dedicò tutta una serie di dipinti a questa situazione. Alcuni militari americani facevano da aguzzini, sperimentavano, si divertivano con queste povere persone prigionieri. Feci anche tutta una serie di opere ispirate e contro la guerra all'Iraq e in favore delle manifestazioni di pace perché ho fatto tutta una serie di cortei di pace in quegli anni, intorno 2006.
Però non faccio soltanto dei soggetti ispirati agli avvenimenti contemporanei, ma faccio anche delle cose, come nella mostra che feci l'anno scorso a San Gusmè e poi in questa stessa saletta insieme ad altri pittori del quartiere, portai dei quadri di paesaggi, o delle montagne o dei notturni. Quindi l'interesse mio non è legato soltanto alle situazioni storiche.
Alvalenti lo ammiro perché ha trovato un modo di usare la sua espressione in contatto con il pubblico. Ci sono stati momenti, come d'inverno e per l'ultimo dell'anno, in cui ci siamo ritrovati con Alva e Alessandro Grazi a dipingere insieme sotto gli archi di Piazza Indipendenza. Era un freddo bestiale, poi andò via anche la luce sotto gli archi e quindi si lavorava con la luce della strada non più con quella della loggia. Sono esperienze che mettono a prova: sono cose che si fanno da giovani, quando si ha una certa età le intemperie o gli agenti atmosferici danno fastidio.
Questa città può migliorare se da un lato l'amministrazione o coloro che hanno un certo controllo dei clienti si accorgono dei tanti operatori culturali esistenti nel luogo; pittori, scultori, musicisti, poeti e via di seguito. Perché le forze ci sono: basta, a queste forze, dargli gli spazi, un minimo di rimborso spese o anche rimborso materiali. Tante volte questa città s'è basata, per fare palii o per fare mostre, spendendo un sacco di soldi, chiamando artisti che vengono da lontano; secondo me facendo un inventario delle persone che operano nella città si potrebbe riempire la città di tanti avvenimenti in tanti momenti dell'anno e ci si accorgerà che le persone valide esistono a Siena.
Trovo più soddisfazione, delle volte, più di fare tante iniziative lavorare quando sono nel mio studio. Perché oggi come oggi la vita è diventata talmente frenetica, come nella scuola ad esempio. La scuola è diventata più un fattore esteriore con tutte questi nuovi elementi burocratici, come i registri elettronici, come tante riunioni. Succede che il tempo, quando uno c'ha famiglia, il tempo per lavorare è ridotto al fine settimana, quindi è soltanto il momento in cui sei tu, puoi rilassarti, fare mente locale e cercare di esprimerti. È veramente il momento migliore perché poi purtroppo esternamente le soddisfazioni sono molto poche.
Il rapporto con la gente è certamente importante. Invece di di dipingere in strada o in Piazza del Campo o nell'entrone sarebbe meglio che certe organizzazioni, associazioni organizzassero una mostra per bene in cui uno porta 3-5 pezzi, facciamo vedere una rassegna di un certo rilievo delle persone valide. È inutile sottoporsi allo stress o alla fatica di portare di portare le cose in piazza poi magari si piglia anche un dolore o un colpo della strega.
Grazie.
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Intervento di Francesco Del Casino
Non avevo capito bene che cosa si doveva fare questa sera perché l'informazione era abbastanza aleatoria. Ho portato due quadri che sono, per certi versi molto diversi, per altri versi invece sono due quadri che hanno un legame. Sono diversi perché, a primo acchito si vede subito, uno è dipinto su un tondo e un altro è dipinto su uno sportello di un mobile di cucina che a casa mia è stato buttato giù: e quindi c'erano questi sportelli che erano butta lì e quindi, piano piano, li ho dipinti tutti quanti. In questo senso qui sono abbastanza strani, molto diversi. Però hanno un legame perché alcuni anni fa mi venne questa idea qui riguardando per l'ennesima volta – chissà quante volte avevo sfogliato un vecchio libro che usavo a scuola di Caravaggio, spiegandolo sempre ai ragazzi, facendolo vedere – non avevo mai notato alcune cose, ad esempio una visitazione, una visita dei pastori a una natività del Caravaggio, molto bella. Però, devo dire la verità, c'erano altri pezzi di Caravaggio più famosi che coglievano l'attenzione molto di più. Mi capitò per caso sotto mano, sfogliando questo libro m'accorsi che era interessante questo fatto di questa figura svariata, di questa donna col bambino e con tutta questa gente d'intorno, gli animali etc. E quindi da quel momento cominciai ad elaborare questo tema qua. È andata a finire che poi di queste cose qui ne ho fatti, credo, una trentina; più grandi, più piccoli, così.
Perché io ho questa abitudine: in genere lavoro su filoni. Non riesco a pensare di fare un lavoro e quindi fare tutti i disegni preparatori, tutto il lavoro e poi alla fine sulla tela definitiva. Molto spesso parto da un disegnetto, da un'idea, da qualcosa così e vado direttamente sulla tela, sul pezzo di tavola e dipingo direttamente. Mentre lavori t'accorgi che lo stesso tema si può realizzare in un altro modo. E quindi allora ci ritorni sopra: invece di distruggerlo oppure cancellare la parte che non interessa, ne fai un altro e poi un altro ancora se il tema ti attira. Quindi è andata a finire che di questa serie qua ne ho fatto dei filoni che sono alcune volte una trentina di pezzi.
Quest'altro quadro. Lavorando sempre su questo tema di Caravaggio ho fatto anche altre cose che riguardavano altri quadri di Caravaggio. Questo quadro parte da un Sangiovannino; Caravaggio ne ha fatti almeno tre o quattro figure di Sangiovannino nel deserto, seminudo, con questi ragazzi di borgata. Non ricordo da quale Sangiovannino sono partito per fare questo quadro. Per realizzare questo ne ho fatti almeno altri due o tre prima; poi ho fatto una scultura di terracotta e da lì poi sono ritornato su un quadro che sarebbe questo qua, perché io lavoro in questo modo – è questo il problema mio.
Noi ci siamo allargati sulla questione di Siena. Io sono uno che se ne sta abbastanza in disparte, in città ci passo poco. Ma credo che Siena sia una città che disgraziatamente lascia perdere molte occasioni. M'è venuto da pensare, ultimamente, alla questione della pittura del drappellone, gli ultimi palii che sono stati fatti. Non capisco perché, in quell'occasione lì, dato che il palio è conosciuto in tutto il mondo, dato che tutti lo guardano, c'è la televisione e c'è tutto il circo mediatico: non capisco perché l'amministrazione non organizza sistematicamente delle mini mostre, una mini mostra alla persona, all'artista che fa il palio – che sia grande o piccolo. Capisco benissimo che non si possano fare per tutti i pittori che dipingono il palio mostre al Santa Maria della Scala, cose enormi specialmente per alcuni pittori famosi – ci sono problemi d'assicurazione, un sacco di problemi e di spese che noi non possiamo sopportare come città anche se delle volte sono stati spesi soldi abbastanza buttati. Però, per esempio, trovare un locale abbastanza centrale in cui la gente possa entrare facilmente e in quei dieci giorni prima o dopo il palio in cui si possa organizzare una mostra in cui si va vedere il curricolo dell'artista che dipinge il palio. Ormai ci sono mezzi, foto, gigantografie, un minifilmato etc. Al limite anche se durante la lavorazione del drappellone qualcuno del comune andasse a riprendere i lavori per farlo rivedere sarebbe una cosa interessante e per nulla strana.
Per esempio, le Logge della Mercanzia sarebbe un posto adattissimo per un'iniziativa di questo genere qui. Delle volte si potrebbero fare anche delle cose con pochi soldi e un minimo d'intelligenza.
Francesco Del Casino
Intervento di Daniele Sasson
Dico subito che ho la più completa avversione per questo tipo di spiegazioni: “spiegare i propri quadri”. Intanto questa è una operazione che spetterebbe al critico, nel caso fosse necessario. Le immagini sono lì e dovrebbero essere più immediate delle parole, suscitare un tipo di lettura e di comunicazione più emotivo, secondo le diverse emozioni che suscitano in ognuno di noi, anche con marcate differenze di traduzione personale
Si può, però, partendo dall’osservazione delle opere qui esposte indirizzare la discussione, verso alcuni aspetti più generali. Valenti, Baglioni e Del Casino hanno sottolineato aspetti di carattere personale che hanno ispirato le proprie opere. Ognuno di noi osserva nella realtà quello che lo colpisce maggiormente, compresi i disagi che riguardano la vita di tutti i giorni. Un aspetto di questa nostra città, Siena, che credo ci prema sottolineare sul versante della cultura in generale, è un'assoluta mancanza di attenzione verso tutto ciò che avviene a livello locale, nei confronti delle potenzialità creative ed espressive dei molti giovani e meno giovani che operano e producono nel campo dell’immagine. Il “nemo profeta in patria” sembra essere una particolarità di questa nostra città, direi quasi l’essenza della proposta culturale senese (a meno che non si abbiano i cartellini giusti, o appartenenze particolari) le reali capacità dei singoli non divengono quasi mai il parametro di scelta.
Sono venuto volentieri stasera a questo incontro. Avrei voluto portare cose più recenti. Anche se nel tempo ho praticato la pittura e mi sono occupato di scenografia, il mio interesse prevalentemente è sempre stato la fotografia analogica, da questa poi sono all'elaborazione d’immagini in tecnica digitale, come queste che ho portato ed esposto qui.
Sono sempre stato interessato alle innovazioni tecnologiche, quelle che ispirano soprattutto impulsi di creatività piuttosto che soffermarmi alla rappresentazione o riproduzione della realtà. Ho sempre creduto che l'arte oggi è comunicazione e non riproduzione. Quindi, devi comunicare: devi riuscire a comunicare, le tue emozioni i tuoi pensieri. Il vero scopo è riuscire a far diventare “universale” il messaggio.
Questa mia tela è un lavoro non recente. Sono tornato ad abitare in una zona periferica della città nel duemila. Prima abitavo a San Rocco a Pilli nel comune di Sovicille, prima ancora a Siena. Ecco, per farla breve, mi sono meravigliato come queste zone periferiche sono tenute in maniera del tutto inaccettabile. A questa poca attenzione da parte dell’amministrazione pubblica, si sommano anche i deplorevoli comportamenti delle persone che aggravano ulteriormente la situazione. Dal duemila sono tornato in questa zona periferica della città: non si è mai visto un vigile urbano se non il martedì mattina per riscuotere il balzello del mercato, i netturbini puliscono solo una parte della strada, quella più comoda e praticamente non sporca. Questa tela fa parte appunto di un reportage su questo argomento, da cui in seguito idea ne è scaturita una mostra che nonostante il tema è risultata visivamente anche piacevole per la sua realizzazione tecnica. Però il soggetto era stato fatto apposta per documentare, denunciandola, una situazione di degrado.. Questa mostra fu ospitata la prima volta a Casole d'Elsa con il patrocinio del SEL. Poi l'ho portata in altre mostre.
Questa è l'immagine che noi ci troviamo di fronte camminando per la strada: questo è un marciapiede! O meglio dovrebbe essere il marciapiede (descrive il quadro).
La mostra fu intitolata “L'occhio sordo” ed il sottotitolo: “Siena, capitale europea della cultura?”.
Non è praticamente importato niente a nessuno; non è che qualcuno abbia detto qualcosa. Solo una persona a cui ho inviato due o tre immagini recentemente ha commentato: “Ma possibile che non ci venga nessuno” ed io ho risposto: “No, non ci viene nessuno.” Questa persona (mi fa piacere dirlo perché è stato l’unico che in qualche modo ha risposto) è l’attuale sindaco Bruno Valentini, prima ancora che diventasse sindaco di Siena.