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I corti - 3 GIUGNO 1239

 

 

 

3 GIUGNO 1239

 

 

 

E a dì III di giugnio schurò el sole per sì fatto modo che non si vedeva lume; e i poli e gli animali andavano al polaio loro. E durò questa schurazione tre ore e cominciò a ora nona e durò quasi per insino a vespro. E molti strologi si maravigliaro per tanto durare la detta schurazione, la quale diseno che presto sarebe qualche grande fatto sopra la terra o mutamento di stato o morte di grande signore. E questo fu al tempo di Pietro Parenzi da Roma, potestà”

 

(Cronaca di anonimo senese)

 

NOTA: ore 6 = ora prima, ore 9 = ora terza, ore 12 = ora sesta, ore 15 = ora nona, vespro = sera, compieta = notte.

 

Grande maraviglia fu in Siena al 3 di giugnio anno Domini 1239 et segno nefasto et gran timore nelle case e nelle buttighe, prodigio e spavento che voglio raccontare a beneficio dei figlioli che verranno se potranno legere et scrivare. E forse non aranno più maraviglia di simili eventi ma sappino et imparino come fatto sia lo spavento e che questo giorno fue.
Infino a ora nona, la via di Galgaria fue animata come consuetudine di polli e donne e porci che ciacolavano ognuno a suo modo secondo sua propria lingua. L’omini nelle buttighe tagliavano e cucivano e martellavano bullette sui cuoi nelle buttighe e baccagliavano e cantavano e battevano i garzoni e i lavoranti. Sull’uscio ogni buttiga appese le pelli e sui banchi in mostra mercantia di calzoleria i quali barattavano e trattavano e mercanteggiavano a loro propria usanza e beneficio. E questo in somma era jorno come tutti altri jorni per la via.
Sonata l’ora sesta da gran tempo si vidde che lo jorno era pleno ma pur rivoto di luce piue di quanto fue ieri e di come da stagione doveasi intendere come quando nube da vento portata trascorre gravida di piova che lo jorno tutto se n’oscura.
Lo figliolo d’Adelmo a mezza costa s’affacciò alla buttiga con lo pane in mano a rimirar lo cielo se alcuna nube vi passasse e, non scorgendovene alcuna, s’affissò il guardo al sole e rimase immoto. Lo cominciarono a chiamare da drento e lui rintanando di corsa urlò di maraviglia che grave macchia apparia ne lo sole.
Risentito lo strepito tutti s’affacciorno, e chi di buttiga chi di casa rimirarono lo sole per breve tempo onde li sguardi non ne fusseno feriti. Tra cotali fui io stesso di sull’uscio di buttiga e vitti di breve come alla destra del sole il demonio n’avea magnata piccola fetta sì che lo disco era mancante d’uno spicchio come un quarto di luna di notte.
Allora grande strepito si levò e tutta la strada mosse romore, quale donna indicando il cielo dalla finestra, quale lavorante in disbrigo pose banchi e mercantia dentro buttiga. E si staccarono tutte le pelli e tutti i banchi furono ritirati. Le finestre si cominciorno a serrare.
Lo scuro aumentava e gettato l’occhio ogni tanto al sole vieppiù il morso del demonio s’accresceva e lo chiaro diminuiva. Li polli anzitempo tornarono per lo scuro nei pollai et i porci furono ricovrati senza tante bastonature che da sé capivano esser ora di notte da ritrarsi in casa loro. Un vento levorsi come di fresco nella sera in estate quando tramonta e lo tiepido della terra muta in frescura. Rimasero per la via alcuni coraggiosi che vieppiù commentando cercavano di capire dove e per che modo il demonio avesse agio avuto ad impadronirsi del cielo. Vari strepiti e dubbi si sparsero ma sempre in meno gente, sempre più sottovoce e niuno capiva perché le campane non suonassero a disgrazia fino a che non rimase nessuno nella strada e tutte le buttighe furono chiuse et inserrate così come le finestre della case e si fece gran silenzio.
La notte fu plena di stelle e tutto lo cielo però era quasi l’ora nona come fosse compieta.
Allora, inserrati a buttiga, noi in ginocchio si pregava e meco furono famili e un garzone che non aveo auto core di rimandarlo a casa che peggio li accadesse in quella gran disgrazia di Satana che avea magnato lo sole. Pregaimo io, la mea mogliera ch’era anco lei scesa a buttiga rinserrata, Ranuccio di Beppo garzone e Duccio il lavorante ch’era con me da gran tempo.
Per tutti i pertugi si vedevano lumi e pispigli d’orare in silenzio et in disperazione.
Sonò l’ora nona e tutti ristettero a udire le campane che batteano come jorno.
Come venne, la notte passò piano e prima un poco di lume come l’alba e poi qualche finestra si raprì e sentimmo vociare e qualche buttiga raprire. Io stesso accostai e, affacciato che fui, vidi il giorno risorgere come fosse ora prima e la via rianimarsi co’ strepido e maraviglia. Adelmo di mezzacosta chiamò lo suo figliolo e tutti che scendevano ne la via rimiravano lo sole bocconcellato che a morsi lenti ritornava. Fu gran festa di Dio ch’era restato indigesto a Satana e che non fu notte etterna. Allora tutti andammo a render gratia a Maria nostra avocata in cima della via e tutte le donne e tutti li omini et fanciulletti,
Rimasono alle buttighe i garzoni che alla lenta riapparecchiavano i banchi co’ la mercantia e riattaccavano le pelli et i cuoi alli usci per finire la jornata.
Polli e porci tornavano a ciacolare ma le donne ormai erano mute nella chiesa a espiazione dei peccati loro et in lode di Dio solo oravano.